B&B il Geco Etrusco - Bed&Breakfast - Gavorrano

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il Geco Etrusco

La Maremma è una vasta regione geografica compresa fra Toscana e Lazio che si affaccia sul Mar Tirreno e sul Mar Ligure.

Erroneamente, spesso viene considerata Maremma soltanto quella grossetana, a causa della maggiore notorietà.

Il toponimo deriva, per alcuni studiosi, dal latino maritima, per altri dal castigliano marismas che significa "palude" (non a caso, nei pressi di Castiglione della Pescaia è situata un'importante riserva naturale paludosa chiamata Diaccia Botrona).

Dante ne individuava i confini tra Cecina (Livorno) e Tarquinia (Viterbo), già conosciuta come Corneto:

« Non han sì aspri sterpi né sì folti
quelle fiere selvagge che 'n odio hanno
tra Cecina e Corneto i luoghi cólti. »
(Dante, Inferno, Canto XIII, vv. 7-9)
 

 

Geografia
La Maremma è un territorio vasto e dai confini difficilmente definibili che si affaccia sul Mar Tirreno. Convenzionalmente, il territorio maremmano è suddiviso in tre zone:

La Maremma Grossetana, o Maremma propriamente detta, è la parte centrale compresa nella provincia di Grosseto, lungo la costa tra il golfo di Follonica e la foce del torrente Chiarone che si getta in mare a sud del promontorio dell'Argentario e comprende anche la bassa Valle dell'Ombrone. Generalmente, il toponimo viene localmente esteso anche ad aree collinari interne, geograficamente non annoverabili nella Maremma, come ad esempio le Colline Metallifere grossetane, le Colline dell'Albegna e del Fiora e l'Area del Tufo, fino a terminare di fronte alla vasta area delle alture del monte Amiata. Tra le località principali Grosseto, Follonica, Castiglione della Pescaia, Porto Santo Stefano e Orbetello, oltre a Massa Marittima che ha il centro storico nell'area delle Colline Metallifere ma buona parte del territorio comunale geograficamente inclusa nella Maremma. Storicamente chiamata Maremma Senese, perché dominio della Repubblica di Siena, ha assunto l'attuale denominazione a seguito dell'istituzione in epoca lorenese del Compartimento di Grosseto derivato dalla provincia senese inferiore.
La Maremma Grossetana si divide da nord a sud in quattro parti.
La piana del fiume Pecora, attorno al golfo di Follonica, comprendente gran parte del territorio comunale di Follonica, l'area pianeggiante dei comuni di Massa Marittima e Gavorrano e la fascia costiera del comune di Scarlino, limitata a sud dal promontorio di Punta Ala.
La piana del fiume Ombrone, che occupa i territori comunali di Castiglione della Pescaia e Grosseto, la parte meridionale dei comuni di Gavorrano e Roccastrada e il tratto costiero, pianeggiante e pedecollinare del comune di Magliano in Toscana. Si estende tra il promontorio di Punta Ala e i Monti dell'Uccellina.
La piana del fiume Albegna, che interessa i comuni di Orbetello e la parte pianeggiante dei comuni di Magliano in Toscana e Manciano. Si estende tra i Monti dell'Uccellina e il promontorio di Ansedonia e comprende il promontorio dell'Argentario e la Laguna di Orbetello.
La piana del fiume Fiora, compresa tra il territorio comunale di Capalbio e il Lazio. Si estende oltre il promontorio di Ansedonia e non presenta soluzioni di continuità con la Maremma laziale; comprende il Lago di Burano.
La Maremma Pisana o Maremma Livornese, detta anche Alta Maremma o Maremma Settentrionale, interessa gran parte della provincia di Livorno e alcune aree pedecollinari della provincia di Pisa, che si estendono nella parte settentrionale lungo la costa e l'immediato entroterra tra Rosignano Marittimo e Piombino, comprendente le prime propaggini collinari della Val di Cecina, della Val di Cornia e del versante nord-occidentale delle Colline Metallifere. Tra le località principali della zona sono da ricordare Rosignano Marittimo, Cecina, Riparbella, Montescudaio, Guardistallo, Casale Marittimo, Bibbona, Bolgheri, Castagneto Carducci, Campiglia Marittima, Suvereto, San Vincenzo, Populonia e Piombino. L'intero territorio, storicamente chiamato Maremma Pisana, perché antico dominio della Repubblica di Pisa, con il passare degli anni è stato distinto nelle due entità, coincidenti con i confini amministrativi creati nel 1925 delle relative province, seppur geograficamente unitario. Tuttavia è considerato corretto da un punto di vista sia storico che geografico chiamare indistintamente tutta la Maremma settentrionale, sia i territori oggi in provincia di Pisa che quelli in provincia di Livorno, con l'appellativo di Maremma Pisana[3], il nome con il quale questi territori sono stati conosciuti per secoli.
Maremma laziale, la parte meridionale, si estende nella parte occidentale della provincia di Viterbo e all'estremità nord-occidentale della provincia di Roma (Lazio), lungo la costa dell'Alto Lazio e nell'immediato retroterra pianeggiante e pedecollinare della Tuscia, tra la foce del torrente Chiarone e Capo Linaro, promontorio che costituisce l'appendice occidentale dei Monti della Tolfa che la dividono dall'Agro Romano. Tra le località principali della zona spiccano Vulci, Montalto di Castro, Canino, Cellere,Ischia Di Castro, Tarquinia, Tuscania.
Marittima o Maritima è un termine oggi in disuso che, riproponendo l'etimologia di Maremma, ne indicava il prolungamento in un territorio geograficamente affine esteso dal Tevere lungo la costa verso sud fino a Terracina; un tempo era coperto di foreste e paludi oggi per lo più bonificate (Acilia, Agro Pontino).

« La parola maremma nasce con la emme minuscola perché sta a indicare una qualsiasi regione bassa e paludosa vicina al mare dove i tomboli, ovvero le dune, ovvero i cordoni di terra litoranea, impediscono ai corsi d'acqua di sfociare liberamente in mare provocandone il ristagno. Con il risultato di creare acquitrini, paludi. Non Maremma, allora, bensì maremma. E siccome la maremma più vasta della penisola, la più nota, la più micidiale, quella dove la malaria ha imperversato spietata per secoli interi, era la zona costiera della Toscana meridionale e del Lazio occidentale, al punto che nella storia della medicina, e anche della letteratura popolare, la malaria legò il suo nome, il teatro delle sue rabbrividenti nefandezze, a questo territorio, la maremma tosco-laziale prese la emme maiuscola. Divenne Maremma per indicare la regione abitata un tempo dagli Etruschi. Una regione così grande che Maremma passò ben presto al plurale. Si parlò di Maremme.»
(Aldo Santini)


Clima

Lo stesso argomento in dettaglio: Stazione meteorologica di Grosseto Aeroporto, Stazione meteorologica di Monte Argentario e Stazione meteorologica di Civitavecchia-Santa Marinella.
Il clima della Maremma presenta caratteristiche mediterranee lungo la costa, mentre assume caratteri più continentali via via che si procede verso l'interno.

Le distanti montagne della Corsica ad ovest e i più vicini rilievi dell'Isola d'Elba tendono a deviare o ad attenuare le perturbazioni atlantiche: le precipitazioni risultano piuttosto scarse e raramente di lunga durata lungo la costa grossetana e viterbese, toccando i minimi assoluti attorno ai 500 mm annui presso i Monti dell'Uccellina e l'Argentario, mentre nell'interno e lungo la costa livornese i valori sono generalmente compresi tra i 600 e i 700 mm annui, aumentando ancora sui rilievi collinari e montuosi esposti ai venti atlantici. La maggiore piovosità è attestata in autunno, mentre le altre stagioni presentano un regime pluviometrico piuttosto irregolare. Lungo la fascia costiera della Maremma centro-meridionale, l'eliofania (soleggiamento) raggiunge valori medi annui elevati: oltre 7 ore di sole al giorno, col minimo in dicembre attorno alle 4 ore giornaliere ed i massimi in giugno e luglio con valori di oltre 11 ore di sole al giorno.

Le temperature medie annue si aggirano attorno ai 16 °C lungo la costa e tendono a diminuire man mano che si procede verso l'interno. Sulla fascia costiera sono rare le temperature invernali sotto zero e le temperature estive oltre i 33 °C; nelle vallate interne invece le minime dei mesi più freddi possono essere rigide, mentre le massime estive possono anche raggiungere i 40 °C.

Storia

Prima degli innumerevoli insediamenti medioevali, la Maremma ha conosciuto presenze preistoriche, etrusche e romane che hanno lasciato importanti testimonianze storico-artistiche sparse nell'intero territorio, importanti le città etrusche di Populonia, Roselle e Vetulonia, quest'ultima fu una delle prime in ordine cronologico della Dodecapoli etrusca a battere moneta, il vat. In epoca altomedievale la Maremma registra la presenza di una delle famiglie comitali più importanti dell'Italia centrale, gli Aldobrandeschi, di probabile origine longobarda, che nel XII secolo sono anche principi elettori nell'assemblea che elegge l'Imperatore, ricordati per essere padroni di 100 castelli, a testimonianza dello sviluppo di questa zona e del grado di conurbamento di queste terre, soprattutto nella fascia collinare, con una prospera economia curtense. Di quell'epoca anche un Papa "maremmano" Gregorio VII, nato Ildebrando Aldobrandeschi di Sovana.

Con la fine del feudalesimo e soprattutto con l'affermarsi delle signorie, la Maremma nel XIII secolo cade sotto l'influenza della Repubblica di Siena che dopo pochi anni conquista militarmente anche Grosseto e trasforma la Maremma in un enorme pascolo a pagamento, con l'istituzione della dogana dei paschi, da cui trae origine soltanto il nome della famosa banca senese, che grazie al clima mite e alla precoce primavera attira i transumanti del centr'italia: la perdita dell'indipendenza e l'assoggettamento all'economia di sfruttamento di Siena distruggerà l'economia locale e comporterà l'abbandono del territorio coltivato, con l'inevitabile aumento delle terre paludose. A partire dal XIV secolo infatti la presenza dell'uomo in questa regione dovrà sempre più fare i conti con la malaria e la povertà, che saranno il tratto saliente con cui sarà nota per molti secoli la Maremma, che di fatto finiranno soltanto con l'avvento delle pompe idrauliche a motore a cavallo della seconda guerra mondiale, con le bonifiche avviate dal regime fascista e concluse con una poderosa opera dell'Ente Maremma a metà degli anni '50 del secolo scorso.

In Toscana la Maremma si estende su circa 5.000 km² di terre, pari a circa 1/4 dell'intera regione, iniziando a sud di Rosignano Marittimo per proseguire, oltre il confine regionale, nel Lazio fino oltre Civitavecchia. Abbandonata in epoca alto-medievale, dal XVIII secolo fu oggetto di vari tentativi di bonifica e di ripopolamento. Si dovette combattere contro vaste paludi ed acquitrini costieri, fiumi privi di argini che allagavano le terre fittamente coperte da boscaglie e macchia mediterranea, ove su tutto dominava il grande nemico che fu la malaria che mieté numerose vittime tra cui lo stesso granduca Ferdinando III di Lorena. Al suo spopolamento si aggiungeva la poca fertilità della terra che permetteva solo una irrisoria produzione di grano e la pastorizia e, come se non bastasse, nei primi decenni del Settecento la regione fu periodicamente invasa dalle cavallette. I cronisti del tempo ricordano che verso le ore 18 del 23 giugno 1711 apparve dalla parte del mare una nube immensa di locuste che oscurò il sole e ricoprì rapidamente tutta la campagna circostante di Piombino. Negli anni successivi le invasioni di cavallette si estesero anche alle campagne di Massa Marittima, Gavorrano, Sassetta, Castagneto Carducci, distruggendo oltre 70 miglia di terre coltivate. Tali invasioni continuarono periodicamente fino al 1786. Alle difficoltà naturali vi erano anche quelle giuridiche che ne ostacolarono lo sviluppo. Sui terreni di pascolo vi erano le "Bandite per usi" (pascolo gratuito per i residenti) e "bandite per fida" (con affitto dei pascoli per la comunità). I restanti pascoli erano di proprietà granducale (Dogana di pascolo) che potevano essere affittati a privati o dati "per fida" a forestieri. Poiché tutte le pasture maremmane erano di competenza della Dogana di Siena, era fatto divieto di recintarle anche se possedute da privati. Questo permetteva agli animali in libertà ed incustoditi di essere decimati dalle piene dei fiumi (quella dell'Ombrone del 1749 ne affogò oltre 8.000) o dalle epidemie. Sotto la Reggenza toscana si iniziò così a redigere un programma di risanamento del territorio e riorganizzazione delle proprietà dominate dal latifondo.

La Maremma toscana fu tradizionalmente distinta in Maremma Pisana (o Volterrana) e in Maremma Senese (poi Grossetana).

Maremma Pisana: si estendeva da Castiglioncello a sud di Livorno fino a Piombino, interessando la linea costiera per circa 35 km con una fascia interna di 5–7 km, per un'area di circa 340 km². Solo la zona collinare era abitata con tutte le conseguenti confusioni giuridiche di amministrazione e proprietà (feudi, proprietà ecclesiastiche, comunità). Con i Lorena si attua un programma di bonifica, di rete stradale, di frazionamento dei latifondi e appoderamenti, di coltivazioni e sviluppo demografico. La prima azione politica del governo in tal senso fu la legge sulla liberalizzazione del traffico delle granaglie maremmane. Molti privati colonizzarono le terre: Carlo Ginori nei suoi feudi di Cecina e Riparbella, sotto la direzione dell'architetto pistoiese Romualdo Cilli iniziò la bonifica delle paludi costiere a nord di Cecina e di Bibbona (Cinquantina, Saline, Staio). Cercò di creare a Cecina un borgo di pescatori, edificando un vasto palazzo alla foce del fiume con numerose abitazioni e laboratori per la lavorazione del corallo. L'esperimento fallì per gli ostacoli che la Reggenza fiorentina gli pose e nel 1755 fu praticamente abbandonato tutto il programma. Le bonifiche saranno riprese e terminate solo a partire dal 1833 quando il granduca Leopoldo II di Toscana promosse le allivellazioni di quelle terre.
Maremma Senese: su questa porzione di terre la lotta fu più lunga ed estenuante per i numerosi acquitrini e la malaria che mieteva le vite dei lavoranti. La popolazione residente che, intorno al 1727-1737, non doveva superare i 19.000 abitanti abitava in piccoli borghi collinari privi di comodità ed igiene. La zona acquitrinosa e malarica ricopriva circa 715 km² , cioè oltre tre volte la superficie dell'isola d'Elba. Vari tentativi di risanamento saranno fatti con il granduca Pietro Leopoldo avvalendosi di valenti ingegneri come il gesuita Leonardo Ximenes. Ma il definitivo risanamento si protrasse oltre l'Unità d'Italia fino agli anni venti del XX secolo.[senza fonte]
Tradizioni[modifica | modifica wikitesto]
Una delle cose fondamentali di questa terra sono le sue tradizioni, legate agli avvenimenti trascorsi nel tempo. "Argia", personaggio evocante donna anni 30 della maremma amara, povera e condottiera di forte supporto all'uomo contadino. Merita anche lei una citazione, in quanto portatrice del vernacolo maremmano nel mondo.

Maremma amara
Come la cultura dotta di Dante, anche la cultura popolare, attraverso la canzone popolare, ha fatto un ritratto - ben diverso - della Maremma della malaria, del lavoro stagionale malpagato, degli stenti e delle sofferenze che caratterizzavano la vita in queste terre fino a non moltissimo tempo fa.

Ecco così le strofe di «Maremma amara», cantata lentamente, così come tutto era lento in Maremma: lenta o ferma l'acqua, con le sue zanzare anofele, il progresso sociale, la lotta contro il brigantaggio, quella contro l'analfabetismo.

« Tutti mi dicon Maremma, Maremma...
Ma a me mi pare una Maremma amara
L'uccello che ci va perde la penna
Io c'ho perduto una persona cara.
Sia maledetta Maremma Maremma
sia maledetta Maremma e chi l'ama.
Sempre mi piange il cor quando ci vai
Perché ho timore che non torni mai
 »
(Maremma amara, Canzone popolare toscana)
Si rivela in queste semplici e disperate strofe l'immagine storica di questa terra: un groviglio di speranza e di mestizia, di temerarietà nella ricerca di una nuova terra e lo sgomento per un destino forse avverso.

La canzone popolare si può far risalire alla prima metà dell'Ottocento quando, iniziata l'opera di bonifica voluta dal Granduca Leopoldo II dei Lorena, molto terreno si doveva liberare dalla morsa della palude e dalla malaria rendendolo accessibile alla produzione agricola. Si stava compiendo il passaggio dalla pastorizia all'agricoltura.

La bonifica

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Una delle principali cure di Ferdinando III, Granduca di Toscana, era la bonifica idraulica e agraria della Maremma; spesso vi faceva delle gite per esaminare i lavori e sollecitarli. Ma il suo zelo e la sua preoccupazione gli dovevano riuscire fatali. Nel mese di giugno del 1824, tornando appunto da una delle gite in Maremma, sentì i sintomi di una febbre che da quel momento gli insidiò tenacemente la vita. Ferdinando fu costretto a mettersi a letto; ed i principali medici furono subito intorno a lui per contenderlo alla morte, con ogni mezzo migliore che l'arte medica dell'epoca suggeriva. Furono però tutti sforzi inutili, perché il male vinse gli uomini della scienza. A Ferdinando III successe il figlio Leopoldo II di Toscana che si volle continuare questa impresa. Intendeva così emulare il grande avo Pietro Leopoldo e suo padre che avevano bonificato la Val di Chiana e che già avevano tentato di bonificare la Maremma. La bonifica del comprensorio, data la grandissima estensione dell'area, era un'opera che presentava molte difficoltà tecniche, e richiedeva un notevole impiego di risorse e conoscenze, per piccoli stati come era quello del granducato di Toscana.

 
Ghiande di leccio fotografate in Maremma
Il tratto che si voleva bonificare era la parte che costeggiava il mare, dallo sbocco della Cecina fino al confine pontificio; i vantaggi di tale opera sarebbero stati incalcolabili trasformando tutta quella grossa estensione salmastra in terreni coltivabili. Il conte Fossombroni, consigliere dei sovrani, aveva immaginato di bonificare la Maremma fino dal 1804 e aveva dichiarato apertamente questa sua intenzione con vari scritti. Immaginava di costruire canali, strade ed un porto facendosi aiutare dai cittadini "volenterosi" che volessero investire in questa impresa esentandoli dalle varie gabelle alle porte delle città, dei dazi doganali e dei pedaggi per far diventare in poco tempo tutta quella regione la ricchezza del regno. Ad entusiasmare gli animi dei toscani ci fu nel 1780 la bonifica della tenuta di Bolgheri del conte Cammillo della Gherardesca. Tale tenuta era distante circa settanta chilometri da Pisa e sette dal mare, sulla sponda sinistra della Cecina. Per liberare quella vasta tenuta dalle acque stagnanti e limacciose che rendevano improduttivo il terreno e pestifera l'aria, il matematico padre Leonardo Ximenes suggerì al conte Della Gherardesca l'apertura di quella larga fossa che dal nome del proprietario fu perciò detta Cammilla, la quale procurò subito il prosciugamento dei terreni tra Bolgheri, Bibbona ed il mare. Con tali precedenti, con l'esempio dell'avo, con gli incitamenti del Fossombroni e con le buone disposizioni del suo animo, Leopoldo II il 27 aprile 1828 emanò l'editto per la bonificazione della Maremma a spese dello Stato. I lavori cominciarono sulla fine del 1829 e vi furono impiegati circa cinquemila operai arrivati da varie parti della Toscana, da altri stati italiani e dall'estero, sotto la direzione del cavaliere Alessandro Manetti, che era alla immediate dipendenze del Granduca. Il figlio del conte Cammillo, Guido Della Gherardesca, volle con gli anni continuare la benefica opera del padre; ma il parere discorde di ingegneri, di periti e di idraulici, lo costrinse a sospendere l'esecuzione del suo progetto. Quello che però riusciva impossibile a tanti uomini di scienza ed ingegneri dell'epoca, riuscì facile ad un uomo oscuro e modesto che tutt'altro aveva studiato in vita sua che l'idraulica e l'ingegneria. Quest'uomo era il "fattore di Bolgheri", Giuseppe Mazzanti, che sfornito di teorie ma ricco dei lumi dell'esperienza, con l'osservazione che egli aveva fatto del naturale movimento delle acque durante le piogge, chiuse il canale detto Seggio Vecchio e ne scavò un altro detto Seggio Nuovo, per la qual cosa gli estesissimi campi prima paludosi divennero fertilissimi. Il 26 aprile 1830 fu il giorno fatidico; terminato il lavoro di costruzione del nuovo canale le acque dell'Ombrone arrivarono velocissime nella palude bonificando tutto il territorio circostante. Il Mazzanti ebbe in riconoscenza dal granduca una medaglia d'oro e il conte Della Gherardesca fu remunerato adeguatamente del servizio.

I briganti
La Maremma è stata per secoli una terra di briganti, sia per ragioni ambientali, sia per la natura di terra di confine fra lo stato granducale e lo stato della chiesa. Domenico Tiburzi fu l'ultimo dei grandi briganti che per molti decenni, alla fine dell'Ottocento signoreggiò i boschi della Maremma. Si tratta di una figura molto popolare ed è l'ultimo dei briganti maremmani ucciso nel 1896. Con la sua morte si può dire che sia finita l'epoca del brigantaggio maremmano, e insieme della Maremma malarica e spopolata.

La Maremma oggi
Vinta la malaria, grazie alla bonifica; vinto il latifondo, con la riforma agraria e l'istituzione dell'Ente Maremma e l'assegnazione delle terre, la Maremma mostra oggi ancora quasi tutta la sua natura di terra aspra, dai forti contrasti, dai colori particolarmente affascinanti.

I butteri ora sono custodi della razza del cavallo maremmano che non serve quasi più a seguire le greggi durante la transumanza, ma viene impiegato per lo sport e per l'ippoterapia nei centri attrezzati e nelle molte strutture agrituristiche sorte nella zona.

Alcuni territori protetti, tra i quali i più importanti sono il Parco Naturale della Maremma e la zona archeologica di Vulci hanno permesso di mantenere pressoché intatto l'ambiente e quindi la flora e la fauna esistenti.

La Maremma nel vernacolo
In Toscana la bestemmia è un intercalare molto diffuso; spesso però, il termine Maremma viene utilizzato per assonanza in luogo di Madonna, in modo da evitare la blasfemia esplicita, alleggerendo il tono pur mantenendo un certo impatto all'interno della convers

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